I disordini temporomandibolari (TMD) sono un termine collettivo che comprende diversi problemi clinici che riguardano i muscoli masticatori, l’articolazione temporomandibolare (ATM) e le strutture ad essi associate. Questo gruppo di disordini è stato identificato come la prima causa di dolore di origine non dentale nella regione orofacciale e viene definito come un sottogruppo nella categoria dei disordini muscolo-scheletrici. Questi disordini hanno un impatto sulla qualità della vita delle persone affette a causa dell’esacerbazione del dolore e della natura cronica dei loro sintomi. 

La diagnosi e’ clinica e si fonda su due Assi: Asse I diagnosi organica e Asse II diagnosi biocomportamentale.

Con la somministrazione dell’Asse II, asse psicosociale, si prendono in considerazione due importanti concetti: la depressione e la somatizzazione. 

La depressione è una patologia dell’umore caratterizzata da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici e affettivi che, nel loro insieme, sono in grado di diminuire in maniera da lieve a grave il tono dell’umore, compromettendo il “funzionamento” di una persona, nonché le sue abilità ad adattarsi alla vita sociale. La depressione non è quindi, come spesso ritenuto, un semplice abbassamento dell’umore, bensì un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano anche in maniera consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno. Talvolta è associata ad ideazioni di tipo suicida o autolesionista, e quasi sempre si accompagna a deficit dell’attenzione e della concentrazione, insonnia, disturbi alimentari, estrema ed immotivata prostrazione fisica.

Fra i principali sintomi si segnalano:

• Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno, come riportato dal soggetto o come osservato da altri. 

• Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte (anedonia), o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno. 

• Significativa perdita di peso, in assenza di una dieta, o significativo aumento di peso, oppure diminuzione o aumento dell’appetito quasi ogni giorno. 

• Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno. 

• Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno. 

• Affaticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno. 

• Sentimenti di autosvalutazione oppure sentimenti eccessivi o inappropriati di colpa quasi ogni giorno. 

• Diminuzione della capacità di pensare o concentrarsi, o difficoltà a prendere decisioni, quasi ogni giorno. 

Per quanto riguarda, invece, la somatizzazione, alla base di tale disturbo vi sono lamentele fisiche ricorrenti e molteplici, della durata di diversi mesi o anni, che portano chi ne è affetto a richiedere le cure dei medici, ma che apparentemente non sembrano avere una causa organica. Una persona è affetta da questo disturbo se lamenta nel corso della sua vita sintomi dolorosi (quali cefalea, mal di schiena, articolazioni doloranti), due sintomi gastrointestinali (diarrea, nausea), un sintomo sessuale che non sia il solo dolore (dolori mestruali, indifferenza sessuale, disfunzioni dell’erezione) e un sintomo pseudo-neurologico (sintomi di conversione, come deficit della coordinazione o dell’equilibrio, paralisi o ipostenia localizzate, difficoltà a deglutire o nodo alla gola). Il disturbo ha un decorso cronico ma fluttuante, che raramente presenta remissioni complete. 

Di qui il ruolo che da sempre riveste nel counseling del paziente con disordini temporomandibolari nell’ambito di un approccio cognitivo comportamentale (CBT) il quale prevede: l’educazione del paziente circa l’eziologia multifattoriale dei TMD e il razionale della terapia cognitiva comportamentale; l’introduzione al ruolo dello stress e degli stati psicologici negativi come potenziali fattori nell’esacerbazione e nel mantenimento del dolore dei TMD; il monitoraggio da parte del paziente dei segnali e dei sintomi, in particolare individuando i comportamenti parafunzionali che devono essere evitati.

Attraverso la terapia cognitiva si insegna al paziente come determinati modelli di pensiero causino l’insorgenza di sintomi che influiscono negativamente sulla qualità della propria vita facendo emergere stati d’animo alterati come ansia, depressione e aggressività senza alcuna motivazione o provocando reazioni tipiche delle persone malate.

La terapia comportamentale aiuta il paziente ad indebolire reazioni esagerate a determinate situazioni come può essere il timore, la depressione, la collera o i comportamenti auto-lesivi attraverso il rilassamento del corpo e della mente.Il primo step e’ rappresentato dal counseling che consiste nell’informare il paziente sulla natura della sua patologia, sui comportamenti scorretti da evitare e sui comportamenti virtuosi da adottare.

Questo step e’ seguito dalla terapia fisica e dalla fisioterapia.

Tra gli approcci fisici e’ annoverato l’impiego del calore con finalità terapeutiche, soprattutto in presenza di affezioni dolorose e muscolari.

La diatermia può essere definita una forma di “termoterapia endogena”, quindi una terapia basata sul calore (l’impiego del calore con finalità terapeutiche in presenza di affezioni dolorose muscolari ed articolari, è diffuso già da un quarto di secolo); endogena perché i tessuti trattati con diatermia sono indotti a produrre calore; un calore interno che con il raggiungimento di temperature di circa 36°- 40,5° porta il corpo del paziente a collaborare in modo attivo, per il raggiungimento più veloce della guarigione. Pertanto gli effetti biologici si avranno in base al graduale incremento di temperatura endogena.

Il principio su cui si basa è quindi quello di stimolare l’organismo nei suoi meccanismi autoregolatori; stimolarne la fisiologica attività tissutale dall’interno, sostenendolo nelle sue funzioni di recupero ed attivandone i naturali processi antinfiammatori e riparativi. Determinando un incremento della temperatura opportunamente modulato, si produce un’accelerazione dei naturali processi biologici dell’organismo nella zona interessata, agendo sull’infiammazione, sull’edema e sul dolore, migliorando il trasporto dell’ossigeno dal circolo arterioso periferico ai tessuti, facilitando l’incremento delle riserve di ossigeno nel muscolo o nei tessuti interessati e accelerando l’attività dei mediatori chimici tissutali.

La termoterapia endogena ha riscontrato ottime performance in tutte quelle situazioni di sovraccarico muscolo-scheletrico della zona oro-cervico-facciale a volte legati a quadri clinici molto complessi. Soprattutto ci troviamo sempre più spesso pazienti che a causa dello stress della vita quotidiana vanno incontro ad una incontrollata attività dei muscoli masticatori da cui ne deriva il serramento costante dei denti sia di giorno che di notte. 

Prof.sa Marzia Segù
Professore Associato
Università degli Studi di Parma